Gastronomia Orlandini e i 1000 anni della cucina a Parma

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Gastronomia Orlandini e i mille anni di cucina a Parma

Mille anni di cucina a Parma, rassegna enogastronomica sulla storia della gastronomia di Parma. Da quella medievale di Matilde di Canossa a quella aristocratica di Maria Luigia d’Asburgo, per capire che origine hanno le ricette di oggi, e anche per conoscere la storia di abitudini che ci accompagnano a tavola ogni giorno. Assaggeremo piatti storici e degusteremo vini che hanno fatto innamorare Duchi e Principesse, faremo visite in musei e Palazzi del Governo, e ci sarà tanta cultura da gustare a piccoli morsi. A partire da sabato 2 ottobre nei fine settimana fino a Natale sarà possibile assaggiare presso la gastronomia Orlandini i piatti storici che venivano cucinati a corte e nelle case del popolo svelandone alcune ricette, metteremo a disposizione guide turistiche per visitare i musei e i palazzi a Parma in cui risiedevano i governanti locali e dove hanno avuto luogo importanti banchetti che sono finiti sui libri di storia della cucina. Il percorso sensoriale sarà così organizzato, il sabato possibilità di degustazione sia al mattino che al pomeriggio, la visita guidata in città sia al mattino che al pomeriggio. La domenica degustazione al mattino e visita guidata al pomeriggio.

Il calendario con i costi e le specialitĂ  che saranno cucinate verrĂ  pubblicato nei prossimi giorni sul sito web www.orlandini-parma.com e sui profili social Facebook e Instagram di Gastronomia Orlandini.



Quello che gustiamo oggi sulle nostre tavole a Parma, è la sintesi di mille anni di storia che dal meraviglioso intreccio della cucina popolare e quella di corte, hanno fatto della nostra città la più apprezzata per i piatti tipici in tutto il mondo. Parma è sempre stata governata da famiglie molto influenti con relazioni internazionali di prim’ordine che hanno dato l’opportunità a questo territorio di essere al centro di importati scambi commerciali.

Iniziamo dall’anno mille con Matilde di Canossa che governava il nostro territorio, le differenze tra la cucina a corte e la cucina del popolo erano abissali, la nobiltà si cibava di tartufo nero, lasagne di carne, selvaggina, e i biancomangiare come pollo al latte di mandorla e budino bianco, accompagnato da ippocrasso, vino caldo speziato con aggiunta di miele. Il popolo mangiava zuppe, farinate e riso.

Nel 1300, quando Boccaccio nel suo Decamerone descrive il paese di Bengodi (casa nostra…) e cita “Et eravi una montagna tutta di formaggio Parmigiano grattugiato”, inizia la favola infinita della Food Valley, che grazie alla grande quantitĂ  di sale delle saline di Salsomaggiore Terme consente la produzione di ingenti quantitativi di Parmigiano Reggiano e salumi come prosciutto e salame, che potevano essere stoccati per lunghi periodi.

Il 1500 è il secolo in cui arrivano i Farnese a Parma, e vi domineranno per quasi trecento anni, con ramificazioni nelle corti europee e nella Chiesa, riuscendo a fare eleggere un Papa della loro famiglia. Fanno salire Parma tra le città’ più importanti del vecchio continente, la salumeria si accresce di nuovi prodotti come la coppa e il culatello, la piccola selvaggina si cucinava in crosta di pane e veniva aromatizzata al cacao, il cinghiale in dolce forte, gli anolini, tortelli d’erbetta e pasta all’uovo (perché quella secca non veniva bene a causa dell’umidità del territorio…), torta fritta. Si bevono Malvasia, Sangiovese e Chateauneuf du Pape, uno dei più prestigiosi vini francesi. A tavola si usava sciacquarsi le mani con acqua di rose e asciugarle nei mantelli dei cani che girovagavano tra una stanza e l’altra. La cucina del popolo inizia diventare più sostanziosa, oltre alle zuppe arrivano i tortelli di patate, di zucca, anolini di magro e fanno la loro comparsa le osterie, locali in cui bere e mangiare qualcosa, ci si portava la fojetta da casa e la si lasciava all’oste, guai a lavarla! Più aveva il fondo scuro e più eri un gran bevitore, motivo di vanto tra il popolo.

Via Farini a Parma, anticamente Strada dei Genovesi, era chiusa dalla Porta Pidocchiosa, ancor oggi visibile all’angolo con via Maestri e contrassegnata dall’emblema del pidocchio. La tradizione vuole che da qui transitassero i montanari provenienti dall’Appennino, spesso portatori del fastidioso parassita. Di fronte, si trovava l’Oratorio delle Cinque Piaghe, sede della Confraternita dei Lardaroli parmensi, depositari della tradizione millenaria degli insaccati e del formaggio parmigiano.



I Borbone, nel 1700 sono stati tra i maggiori ambasciatori della cucina parmigiana, dove avevano possedimenti e potere esportavano la nostra cucina, e a Napoli un cuoco di rientro da Parma inventa la parmigiana di melanzane. A corte si cucinano uova alla Farnese, pernice in crosta di biscotto, che si aggiungono ai salumi, formaggi e a tutta la pasta all’uovo di cui Parma è capitale indiscussa. Nella cucina del popolo inizia a trovare spazio carne di pollo, coniglio e maiale in modo più importante, e il vino diventa un’abitudine.

1800, Napoleone marito di Maria Luigia d’Asburgo marcia su Parma, e non era certo un appassionato di cucina, infatti dedicava ai pasti al massimo 18 minuti, perché lo riteneva tempo perduto che veniva tolto alle strategie e al Governo. Con il suo passaggio però ci lascia il pollo alla Marengo, piatto a lui caro perché inventato sul campo di una importante battaglia a Marengo pochi anni prima, vicino ad Alessandria, e strepitosi vini come lo Gevrey Chambertin, poully fume’ e champagne. Vini che l’Imperatore beveva rigorosamente annacquati. Il futurista Napoleone fu il primo a lanciare la moda di sciabolare champagne, invitato alla cantina Moet, ad un certo punto della visita volle aprire una bottiglia, e non trovando gli attrezzi necessari a portata di mano, estrasse la sciabola e la capitozzò!

La Duchessa Maria Luigia, sempre nel 1800, ci porta la cucina austriaca e quella francese, una cucina raffinata e molto ricercata. A corte solo negli ultimi anni del suo ducato si potranno cucinare specialità parmigiane come il pollo alla parmigiana e i medaglioni di Parma (inventati proprio da uno chef francese che era innamorato della nostra cucina) perché fino al quel momento non le si ritenevano degne di essere cucinate a Palazzo. Tra le altre specialità ricordiamo i carciofi alla bariguole e le quaglie alla richelieu. La cucina del popolo prende la strada per diventare quella che oggi tutti conosciamo, i formaggi e i salumi la fanno da padrone, anolini, tortelli e pasta all’uovo, carne di maiale, pollame e manzo cucinato con varie ricette.

1850 Giuseppe Verdi, del periodo in cui visse il Maestro, che era un grande amante della spalla cotta e degli anolini, ricordiamo il risotto alla Giuseppe Verdi, a lui dedicato.