Degustazioni Storiche OTTOBRE 2021

Categories:Eventi, News, Uncategorized
orlandini

Mille anni di cucina a Parma, rassegna enogastronomica sulla storia della gastronomia di Parma. Da quella medievale di Matilde di Canossa a quella aristocratica di Maria Luigia d’Asburgo, per capire che origine hanno le ricette di oggi, e anche per conoscere la storia di abitudini che ci accompagnano a tavola ogni giorno. Assaggeremo piatti storici e degusteremo vini che hanno fatto innamorare Duchi e Principesse, faremo visite in musei e Palazzi del Governo, e ci sarà tanta cultura da gustare a piccoli morsi. A partire da sabato 2 ottobre nei fine settimana fino a Natale sarà possibile assaggiare presso la gastronomia Orlandini i piatti storici che venivano cucinati a corte e nelle case del popolo svelandone alcune ricette, metteremo a disposizione guide turistiche per visitare i musei e i palazzi a Parma in cui risiedevano i governanti locali e dove hanno avuto luogo importanti banchetti che sono finiti sui libri di storia della cucina.


In tutti i fine settimana di ottobre sarà possibile degustare alcune delle specialità che venivano mangiate al tempo di Matilde di Canossa,  Boccaccio e Benedetto Antelami.

Storie e ricette di un tempo antico

Anno 1055 – Matilde di Canossa

1055 – Matilde di Canossa, il suo dominio si estende tra Reggio Emilia, Modena, Parma, Ferrara, la Toscana, i ducati di Spoleto e di Camerino e una parte della Lombardia.

La cucina a Corte

Tra i principali prodotti che potevamo trovare in una cucina dei quel tempo ricordiamo: il tartufo nero, la lenticchia, il farro, il formaggio pecorino, il miele, trote, gamberi rossi, uova, torte salate farcite con carne o verdure, pastine, frittelle, ciambelle.

Le mandorle, erano uno di quegli ingredienti di cui il cuoco del medioevo non poteva fare a meno, le usava pestate, in molte salse con funzione addensante, o per ricavarne olio e latte: un latte che, nei giorni “di magro” in cui la Chiesa proibiva di utilizzare prodotti animali sostituiva quello di capra, di pecora o di vacca.

Lasagne di carne, la cui ricetta è molto simile a quella attuale, con la differenza che al posto della besciamella su usavano altri formaggi, tra i quali il pecorino.

Selvaggina aromatizzata con spezie, questi erano per antonomasia i piatti dei nobili, e le spezie erano le più varie, ogni qualvolta ne arrivava una nuova dall’oriente, sicuramente la si trovava cucinata sopra ad un fagiano a corte.

A fine pasto si usava servire un confetto accompagnato con ippocrasso: vino caldo speziato con aggiunta di miele, accompagnato con pezzi di formaggio stagionato, frutta fresca ricoperta di zucchero e miele, marzapane, biscotti tipo wafer.

I biancomangiare, ovvero una preparazione medievale basata sulla qualità intrinseca del colore bianco, simbolo di limpidezza e austerità. Petto di pollo, latte, mandorle, riso, zucchero, lardo, zenzero bianco, ecc. 

Pollo grigliato al latte di mandorle, durante la grigliatura pennellare abbondantemente con latte di mandorle. L’incontro tra dolce e salato trasforma un prodotto povero come il pollame in un’esaltazione di sapori tutta particolare.

Petto di Pollo al latte di mandorla, Ingredienti: 400 gr di petto di pollo, farina di riso, olio di semi, 1 cipolla rossa di Tropea, 1 bicchiere di latte di mandorla, sale, pepe. Preparazione: tagliare il petto di pollo a pezzetti, rosolate la cipolla tagliata molto finemente nell’olio di semi, Infarinate il pollo con la farina di riso poi fatelo rosolare bene nel condimento a fuoco vivace, aggiungete il latte di mandorla, sale e pepe, cuocete a fuoco lento con coperchio per 12-13 min.


Dessert budino bianco, ingredienti: 500 ml latte, 2 cucchiai di zucchero, 4 cucchiai di farina bianca, 1 bacca di vaniglia, per decorare: cannella o pistacchi tritati. Preparazione: In un pentolino scaldate il latte a fuoco dolce, assieme allo zucchero e ai semini della vaniglia. Non appena lo zucchero sarà sciolto aggiungete la farina setacciata girando in continuazione con una frusta ad evitare che si attacchi sul fondo. Non appena vedrete che la crema si addensa versatela in quattro ciotoline da budino. Lasciate raffreddare, capovolgete su un piattino e decorate a piacere.

 

La cucina del popolo

Una delle portate più comuni di un pasto medievale, sia che si trattasse di un banchetto che di un semplice spuntino, erano gallette o crostini, pezzi di pane secco che potevano essere fatti rinvenire inzuppandoli in un liquido come il vino, il brodo, una zuppa o una salsa e quindi mangiati.

Piatto fondamentale è la zuppa, che veniva consumata a metà mattina, contenente di tutti gli ortaggi con pane (cotto ogni 15 giorni in pesanti pagnotte) e pezzetti di carne (nelle giornate importanti), formaggio e castagne, servita in ciotole di coccio.

Sulle tavole medievali si poteva vedere altrettanto frequentemente la pappa di frumento, una farinata molto densa spesso preparata con brodo di carne e insaporita con spezie. Le farinate venivano preparate con ogni tipo di cereale e potevano essere servite anche come dessert o come pietanza per i malati se preparate con latte o latte di mandorla e addolcite con lo zucchero.

Riso, cucinato in tutti i modi possibili.

Curiosità

È rimasto famoso nella storia il detto “andare a Canossa” che allude ad una sconfitta e ad una umiliazione in ricordo dell’attesa di Enrico IV fuori dalle mura del castello.  Nel gennaio 1077 Matilde induce il cugino, l’imperatore tedesco Enrico IV scomunicato, a chiedere perdono al Papa Gregorio VII, che era suo ospite al castello di Canossa. L’imperatore dovrà attenderlo per tre giorni, a piedi nudi nella neve prima di essere ricevuto a corte.

Se un fornaio veniva sorpreso ad imbrogliare i clienti, veniva punito trascinandolo per il paese su una slitta, con delle fette di pane legate attorno al collo.

Il vino era poco consumato dal popolo, mentre i ricchi amavano berne a fine pasto, aromatizzato con spezie e miele (ippocrasso).

Dessert, termine che proviene dal francese antico “desservir” che significava “sparecchiare la tavola” e appunto a chiusura del pasto.

Per fare il pane, i poveri mescolavano farine di vario tipo.

Un decreto imperiale dell’884 stabilisce il limite di ciò che può requisire un Vescovo ad ogni tappa delle sue visite pastorali con tutto il seguito di personale in una regione agricola: 50 pani, 50 uova, 10 polli e 5 porcellini.


Anno 1351- Boccaccio (non ha governato Parma, ma è sua la citazione più celebre della gastronomia parmense!)

1351 Decamerone di Boccaccio. Qui troviamo la più antica e celebre descrizione dettagliata in un’opera dell’utilizzo del Parmigiano Reggiano in cucina: “Et eravi una montagna tutta di formaggio Parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti, che niuna altra cosa facevan, che fare maccheroni e ravioli e cuocerli in brodo di capponi, e poi li gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava, più se n’aveva”.

(Vendita di Parmigiano Reggiano, affresco 1300)


Il Parmigiano Reggiano

La cucina

Questo è il periodo in cui si iniziano a produrre Parmigiano Reggiano e salumi come il prosciutto e il salame.

Curiosità

E’ grazie alle saline di Salsomaggiore Terme, che Parma diventerà la capitale mondiale dei formaggi e dei salumi potendo vantare grandi quantità dell’unico conservante naturale conosciuto a quel tempo, già i romani utilizzavano queste saline.

1259 durante l’assalto alla città da parte di Federico II, dove vennero distrutte le vigne fuori dalle mura, fu ordinato alla cittadinanza di costruire pergolati a ridosso delle case e piantare viti, per la produzione dell’uva per pigiarla e fare vino. Ecco svelato il motivo per il quale oggi nei nostri bersò si usa spesso coltivarvi sopra la vite.

Nell’Emilia del 1300, i monaci Benedettini iniziano la produzione del Re dei formaggi, la pianura padana aveva la più alta concentrazione di capi di bovini di tutta Europa, da qui la necessità di stoccare le grandi quantità di latte, con formaggi che potessero reggere lunghe stagionature. In questo periodo il latte viene scremato sia nella raccolta della sera, sia in quella della mattina, inquanto il burro costava di più del formaggio, e quindi era importante produrne il più possibile. Le forme erano mediamente del peso di 15-18 kg. L’affioramento avviene in vasche di legno, e non si necessitava di aggiungere siero innesto per l’acidificazione in fase di lavorazione nella caldaia di rame, perché il legno tratteneva enzimi e fermenti che si trasferivano nella stesa del latte successiva. Per cagliare si utilizzava uno stomaco di vitello, che veniva riempito di latte e lasciato maturare qualche mese, se ne spezzava un lembo e con questo avveniva il miracolo… Per la rottura della cagliata si utilizzava un fascio di biancospino e la cottura avveniva a legna.

I formaggiai o lardaroli, erano coloro che vendevano Formaggi e salumi ai mercanti di altre terre, soprattutto milanesi e cremonesi. In questo periodo inizia anche l’esportazione in tutta Europa: Germania, Fiandre, Francia e anche Spagna.

Il Prosciutto di Parma, affonda le sue radici all’epoca romana. Parma, allora situata nel cuore di quella che era la Gallia Cisalpina, era rinomata, l’attività dei suoi abitanti che allevavano grandi mandrie di porci ed erano particolarmente abili nel produrre prosciutti salati.

(Battistero di Parma, Benedetto Antelami XII sec. nella formella policroma del Segno dell’Acquario – la preparazione di salami e salsicce nell’interno di una cucina medievale)


Felino diventa in questo periodo la patria gastronomica del Salame, rappresentato nel XII secolo da Benedetto Antelami all’interno del Battistero di Parma nel bassorilievo del segno zodiacale dell’Acquario. Il Salame Felino era ben noto nelle corti che si sono succedute nella capitale: dai Farnese, ai Borbone e alla Duchessa Maria Luigia.

1492 Cristoforo Colombo con la scoperta del “Nuovo Mondo” aprì le porte ad una vera e propria rivoluzione alimentare e offrì all’Europa un’immensa gamma di prodotti ancora sconosciuti, variando molto l’alimentazione del ceto contadino basata fino a quel momento solo su pane, erbe, zuppe, frutta e ortaggi.»  il mais, la patata, il pomodoro, il peperone, la vaniglia, il cacao, le noccioline, il fagiolo, il peperoncino, la zucca, le zucchine, le spezie, la senape, la cannella, i chiodi di garofano, il curry, il coriandolo e la paprika e poi il tacchino, il pesce gatto, la trota iridea e il persico trota.

L’anolino nasce sotto forma di pasta ripiena nel XII secolo e viene citato da Salimbene de Adam nel 1284 nella Cronica, ma occorre aspettare sino al XVI secolo perché il piatto venga riproposto nei pranzi di nobili, cardinali e papi da Bartolomeo Scappi.

La prima regione che si adoperò per la coltivazione del mais fu la Campania, in seguito fu l’Emilia Romagna, così in breve tempo il mais divenne una delle più importanti risorse alimentari per uomini e animali.